Lisbona, 1° marzo 2018
Boa tarde a todos vos!!!
Con gioia, trepidazione e spirito di condivisione, vi invio questa mia prima “letterina”. Avvio in questo modo la “mailing list”, cui vi ho già accennato e a cui vi siete iscritti. Ne approfitto per aggiornarvi sul mio percorso e sulle mie tappe di vita verso Chipene.
L’altro giorno ho concluso la mia esperienza scolastica a Lisbona, con lo studio del portoghese. Non ho concluso tutto il percorso (mancano molti livelli per concludere il tutto); e d’altra parte non era neanche questo l’obiettivo: il mio interesse era quello di imparare i “rudimenti” della lingua e la grammatica della cultura portoghese, non altro.
Alcuni princìpi fondamentali della lingua credo di averli fatti miei. La lingua portoghese è molto simile all’italiano e, di più, al friulano (anche se non sembra, ma è così di fatto). Faccio un esempio: il vocabolo italiano “parlare” in friulano suona “favelar” e in portoghese “falar”! Ma la cosa che più mi ha colpito della lingua portoghese è la sua capacità di identificazione degli agenti delle azioni, molto più dell’italiano. Ad esempio, quello che noi diciamo “insieme” per loro è “junto” e si declina come un aggettivo (maschile e femminile, singolare e plurale), come a dire che chi o cosa sta “assieme” non è un insondabile individuo o un anonimo oggetto, ma ha una storia e un obiettivo preciso. Lo stesso modo di esprimersi è con l’altra esperienza umana importantissime che è il ringraziamento: non esiste un concetto anonimo di “grazie”, ma ognuno si sente “obrigado” a ringraziare, instaurando una relazione personale declinandola per sesso e per quantità. È stata una bella lezione di vita,come potete immaginare...
Anche a scuola, infatti, non c’era l’anonimato. Nella mia classe (“aula”, parola con cui si intende la stanza ma anche le persone che normalmente ci vanno per studiare, come a dire che i luoghi senza le persone sono spazi vuoti), i muri e i professori hanno visto l’avvicendarsi di varie persone: un architetto pensionato islandese, un diplomatico indiano (che è stato anche a Maputo, capitale del Mozambico), una donna cinese che lavorava nel marketing (e che ha vissuto a Pisa), una mamma olandese di tre figli che era assunta da Armani (e che forse verrà a vivere in Mozambico), una giovane moldava con passaporto israeliano sposata con un portoghese e con un figlio entrambi in India. Fortunatamente c’era anche il momento del “caffè comunitario” a metà mattina, con l’impegno rigoroso di parlare in portoghese ovviamente. Alcuni pomeriggi siamo andati a visitare alcuni luoghi e musei, sempre per capire non solo le persone ma soprattutto la mentalità. Due pomeriggi la settimana, infine, le “aule tematiche”, al fine di imparare alcuni vocabolari utili parlando o, come dicevano i professori, facendo “gre gre” (a Sanremo si faceva “gni gni”, potevamo esser di meno?!?). In quelle stanze puoi incontrare anche una dentista libica, un ingegnere inglese, una coppia turca, cinesi, olandesi, giapponesi, … puoi anche incontrare un sacerdote del Bangladesh e una consacrata indiana che si stanno preparando per andare in Guinea Bissau (altra terra africana di lingua portoghese).
Ieri, salutando professori e colleghi, ho ringraziato tutti. In modo particolare, li ho ringraziati per la testimonianza dell’accoglienza, ognuno con le proprie particolarità e le proprie storie e provenienze, ma ciascuno con i propri desideri nel cuore. Una bella esperienza di mondialità!!!
In questo periodo mi sono posto (e imposto) alcune “uscite strategiche”. Non per fare il gozzovigliatore, ma per mettermele davanti nel mio prossimo futuro cammino: infatti, il futuro nasce dalla memoria!
Il giorno di Epifania (in Portogallo non è un giorno di vacanza, ma ho approfittato del fatto che era sabato) sono stato a “Cabo Da Roca”. Per chi non lo sapesse, è il punto più occidentale di quella zolla di terra ferma che si chiama Eurasia. Pure la famosa (giustamente, vista la vicinanza con Santiago de Compostela) “Finis Terrae” è posta più ad oriente, seppur di poco. Non è molto distante da Lisbona, anche se è molto più vicino alle altre due famose località di Sintra (patrimonio dell’umanità) e Cascais (luogo dove ha vissuto il “Re di maggio” Umberto II in esilio). Mi han riferito che questa punta estrema del nostro continente dividerebbe i venti che provengono dall’Atlantico. Mi hanno anche raccontato che nei giorni di bel tempo e di poca umidità da lì si riescono a scorgere le luci della Statua della Libertà a New York. Insomma, da lì non puoi continuare a camminare se non tornando indietro, sui tuoi passi; comunque non puoi spingerti più in là; e lì in effetti “si infrange l’orgoglio delle onde” del mare “spazioso e vasto”. Saranno tutte considerazioni da ricordarsi bene, ogni volta che arriverà il 6 gennaio con la festa dell’Epifania, quando si ricorderà non solo come il Signore si svela di fronte ai popoli, ma anche come i popoli vanno incontro a Colui che “neanche i cieli possono contenere”.
Ho voluto pormi anche un’altra memoria di futuro, andando al santuario di Fatima, che si trova a circa 70 chilometri da Lisbona. Non ci sono andato per la vicinanza, ma per la “compagnia”. Già c’eravamo stati, la mia prima domenica portoghese a novembre, io e don Pietro Parzani: è anche lui un sacerdote “fidei donum” per il Mozambico, ma della diocesi di Brescia e già partito per Iniambane (nel centro del paese). Ho voluto concludere la mia permanenza tornando a Fatima, ma con una altro sacerdote, don Jaider, un comboniano colombiano, anche lui già partito per il Mozambico. Ho creato una sorta di “parentesi spirituale”, affidando l’inizio e la fine della mia preparazione qui a Maria, Stella dell’Evangelizzazione (questo è il suo titolo presso i comboniani lisboeti).
In effetti, Maria mi ha accompagnato anche in un altro modo. Vicino alla casa che mi ha accolto, sorge la chiesa che da tre secoli è il punto d’incontro degli italiani. È dedicata a “Nossa Senhora de Loreto” (la traduzione è molto facile…) e ha una fisionomia interna tipicamente rinascimentale. Par quasi di essere a casa, soprattutto pensando alle mie devozioni personali a Loreto e a Rita da Cascia (entrambe presenti). Qui io e alcuni dei miei siamo andati a messa il giorno del mio compleanno, e qui sono venuto a confessarmi più volte (anche perché il parroco aveva compassione del mio portoghese, lo ammetto…).
In questo periodo, infine, ho lavorato su me stesso e con la riconciliazione con il mio passato. Avevo alcuni “luoghi di cuore” che necessitavano di esser chiamati per nome e essere liberati dal Dio e dal perdono. Ho sempre pensato che è più facileperdonare che essere perdonati: ancora una volta concordo con questa riflessione, ma aggiungo che pure perdonarsi è arduo!!! Varie sono state le situazioni pastorali (parrocchiali o associative) che aspettavano da tanto tempo di respirare nuovamente aria fresca. Ad alcuni ho già chiesto scusa, per altri spero di aver tempo nelle prossime settimane. Chi mi conosce un po’ sa che non ho mai pensato o detto di essere un buon prete; ammetto che ora chiedo al Buon Dio che questa nuova esperienza di vita mi aiuti a imparare umanità e a diventare come Lui vuole per me.
Per il resto… riguardo alle faccende più salienti… in questo periodo ho cominciato a parlare in macua, la lingua locale del nord del Mozambico. Non sono riuscito ad imparare granché, solo le preghiere principali! Ci sono riuscito grazie ad una sorella comboniana di origine brasiliana che vive ora a Lisbona e che ha vissuto qualche anno a Chipene.
Tra passato e futuro, sto per vivere un presente in Italia. Domani, venerdì 2 marzo, di torna in diocesi. Starò nei paraggi fino a lunedì 2 aprile, Pasquetta. Di fatto, si tratta di un mese, in cui vivrò di relazioni familiari e amicali, di incontri e di testimonianze già decise e ancora da decidere, di preparativi ultimi alla partenza (visto, vaccini, …), di una settimana santa a servizio dell’unità pastorale di Zoppola (che ancora ringrazio per l’ospitalità, soprattutto le comunità di Cusano e Poincicco).
Siccome qualcuno me l’ha chiesto, non ho ancora novità riguardo al numero di telefono (appena lo muterò, vi avviserò tramite questo canale). Riguardo alla situazione della mail, pian piano dovrei utilizzare solo questa (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.); per chi fosse curioso, la “p” davanti al mio nome indica la parola “padre”, e ho dovuto decidere di usare questo appellativo solo per evitare possibili future confusioni, visto che in portoghese la parola “don” è un appellativo riservata ai vescovi (a proposito, complimenti e buona strada a don Livio!!!). Quando sarò in Mozambico, credo che utilizzerò soprattutto telegram, ma ritengo utile restare comunque in collegamento con whatsapp. Manterrò anche il contatto facebook, dove potete seguire anche e soprattutto don Lorenzo Barro e la pagina della parrocchia di Chipene (“missione mozambico – chipene”)
Bene. Credo di aver scritto tutto, o almeno le notizie più salienti. Ne approfitto per darvi conferma alla vostra iscrizione alla mailing list (se vi è arrivata questa mail, vuol dire che tutto è andato bene!) e per ricordarvi che gli indirizzi sono tra i “ccn” (fate attenzione quindi quando eventualmente rispondete!).
Vi ringrazio ancora della disponibilità a seguire i miei prossimi passi, anche se su terre lontane ma pur benedette da Dio. Spero di riuscire a contribuire a costruire un buon collegamento tra le nostre due realtà pastorali. Già da adesso vi chiedo di avere pazienza con me (devo imparare un nuovo universo… capirete che non sarà facile) e soprattutto di mantenerci vicini con la preghiera! E mentre ringrazio tutti e ciascuno anche per la vicinanza che in modi diversi mi avete dimostrato dallo scorso luglio, sento pressante nel cuore il bisogno di non scordarmi soprattutto della mia famiglia e degli amici più “speciali”. Un saluto a tutti e a presto!!!
padre Loris