Chipene, 11 maggio 2018
SALAMA!!
No, non mi sono ammattito… è che così si saluta in macua! È una parola antica, probabilmente di origine araba, che si usa per il saluto a tutte le ore ma anche per un semplice “come stai?”… che poi in fondo in fondo, a pensarci bene, portan con sé lo stesso messaggio: l’attenzione alla persona!
È ormai passato un po’ di tempo (poco più di un mese) da quando son partito dall’Italia per arrivare in Mozambico. In pratica, tutto il tempo pasquale. E prima che si concluda questo tempo liturgico, e visto che mi trovo in un’altra località dove il segnale internet è un po’ più stabile, mi son pensato di scrivervi per aggiornarvi su come sto vivendo l’inizio di questa avventura… anche se certo magari qualcuno mi ha già incontrato su altri canali mass-mediatici!
Sono sceso a Nampula (partenza Venezia, tappe Doha e Nairobi) martedì 3 aprile, dopo aver salutato le comunità di Zoppola e alcuni familiari e amici. E devo dire che questo tempo è davvero volato veloce. Certo, non senza marcare alcune differenze…
Il tempo e i giorni. Qui in Mozambico il giorno comincia repentinamente, verso le 4.30-5.00. Da quel momento il mondo si accende e comincia a muoversi. La città ha i suoi ritmi, leggermente differenti rispetto a quelli del “mato” (i luoghi più di campagna, per intenderci). Poi la giornata finisce verso le 17.00-17.30; ma finisce sul serio!!! Il buio più scuro prende altrettanto repentinamente il posto della luce, che filtra attraverso quei tantissimi minuscoli buchetti di cui è fatto il cielo africano che sono le stelle. Una volta una persona mi aveva riferito che “le stelle in Africa non è vero che le puoi toccare, perché sono loro che ti toccano”: in certe sere, garantisco che corrisponde perfettamente alla realtà!! Devo ancora imparare le costellazioni dell’emisfero australe, e forse sarà solo una sensazione, ma c’è da perdersi! In realtà, ci sono sere o notti in cui la luna piena la faceva da padrona (o da signora): in quelle occasioni, non serviva la pila per arrivare alla casa delle suore, dove solitamente io e don Lorenzo celebriamo messa e poi ceniamo con la comunità facendo equipe missionaria.
Il tempo e i viaggi. Alcune strade sono asfaltate, soprattutto quelle di città o quelle che collegano le città (specie quella tra Nampula e Nacala e poche altre come Alua o Namapa): si nota subito quali sono le più importanti, e non solo per l’asfalto. Non mancano infatti i posti di blocco per i controlli di polizia, né i camion o la ferrovia accanto alla strada (ma su questo scriverò un’altra volta). Poi ci sono le strade “provinciali” o “comunali”, diremo noi. Sono le strade che collegano alcune località, sempre quelle più importanti. Ho fatto il calcolo che le località della nostra parrocchia di Chipene sulle strade princpali sono una ventina o poco più (se calcolate che le comunità in totale sono poco più di centotrenta, capirete subito cosa sto dicendo…). Per chiarirci, queste sono strade che per noi sono quelle di campagna, e meno male che ci sono!! Attraverso un paio di queste strade, ad esempio, da Chipene si arriva a Mazua (sono due sedi distrettuali, da cui è formata la parrocchia) e poi a Ecopo dove (termina la parrocchia); se si continua la strada si arriva ad una parrocchia (quella di Alua, che è anche la sede della nostra zona pastorale); tutto semplice, se non fosse per il fatto che per arrivare da Chipene ad Alua (che è anche la strada più facile per entrare in parrocchia o uscire) ci vogliono più di tre ore di macchina. Se penso a dove arrivavo con tre ore di strada in Italia e che qui mi servono solo per uscire dalla parrocchia, capirete lo sbalzo che ho vissuto e che sto vivendo.
Il tempo “in sé”. C’è una parola che mi hanno fatto imparare subito… due, a dire il vero… “vakhani vakhani”. È un po’ il motto della porzione di popolo macua di questa zona. In portoghese suonerebbe “divagar divagarinho”; in italiano “pian piano”. Ed effettivamente è difficile pensare di poter far altrimenti. Non ci sono le possibilità oggettive. Solitamente la gente qui si alza la mattina e va alla propria “machamba” a lavorare (il campo) o alla “fiera” a vendere i propri prodotti. E alla sera davvero non si possono fare riunioni; non solo per la questione del buio (e della relativa difficoltà nello spostarsi, visto che qui vanno tutti sempre a piedi, anche perché non ci sono molti altri mezzi), ma anche perché alle 21 hai proprio voglia di chiudere la giornata! Mi par di ricordare che alle 21 in Italia comincia la serata, e che i pochi bei film che la televisione trasmetteva erano tutti in “seconda serata” cioè dopo le 23. Anche su questo, capirete lo sbalzo che ho vissuto e che sto vivendo.
Il tempo e il ritmo. Chi ha “faccialibro” (scusate, ma non smetto di essere italiano…) avrà sicuramente visto due miei post, uno sull’accoglienza della comunità di Chipene e l’altro sulla festa del 25 aprile. Riguardo alla prima, ho subito capito che qui tutto è ritmato. Non solo il giorno e le stagioni, ma anche le celebrazioni.
Non si riesce a contare chi non canta e non batte le mani… perché sono tutti che cantano e che battono le mani!! Ci sono anche le danzerine che accompagnano i momenti più salienti delle celebrazioni (in particolare l’accoglienza della Parola prima delle letture, che in Italia non c’è). Dopo la messa così vissuta (con un’ottantina di battesimi e sei matrimoni), mi han fatto sedere sotto un grande albero, dove hanno suonato e cantato, danzato (han fatto danzare anche me…), hanno allestito una recitazione, mi hanno offerto due caschi di diverse banane (“diverse” nel senso che ci sono tre tipi di qualità differenti, che vengono mangiate con modalità differenti!). Le sere del sabato, le ragazze ospitate nel lar cantano a quattro voci e danzano, riempiendo la stanza o il cortile della loro melodia. Una musica semplice e piena “a ritmo” appunto!
Il tempo e la settimana. Ormai avrete capito che il tempo qui è signore e la fa da padrone. In effetti, per come è “spalmata” la vita in missione, ormai ho perso il computo settimanale. Per riuscire a essere presenti nelle ventisei zone pastorali della parrocchia (sì, 26!!!), si va anche di venerdì o di sabato e non solo di domenica; capita anche di lunedì. Dipende dal calendario e dalla disponibilità. Oltre che dai tempi del trasporto, come già vi accennavo. E nelle comunità si celebra sempre la liturgia della domenica, quella più vicina al giorno della visita. Capirete anche qui lo sbalzo che ho vissuto e che sto vivendo.
I sacramenti. Sono rimasto impressionato dalle celebrazioni nelle comunità, soprattutto perché finora ho quasi sempre vissuto anche le celebrazioni dei battesimi e dei matrimoni. Abituato com’ero alla situazione parrocchiale italiana diocesana, ritrovarmi con una quarantina di battesimi e una decina di matrimoni in un’unica celebrazione è stato sicuramente uno sbalzo che ho vissuto e che sto vivendo. Qui i catecumeni (chi si sta preparando a ricevere il battesimo) si prepara per tre anni e alla fine c’è una “valiação” (valutazione finale, una specie di esame) da parte della comunità; lo stesso si dica per la preparazione ai matrimoni. Riguardo al battesimo, viene approntato all’esterno della cappella un luogo apposito “lo chiamano il “Giordano”. Riguardo ai matrimoni, vengono celebrati quando arriva il padre (nel senso di sacerdote) e non vengono scelti i giorni o le modalità dai futuri coniugi; una cosa simpatica è che quei cristiani che ricevono il battesimo e il matrimonio nella medesima celebrazione, nel tempo di ricezione tra i due sacramenti, escono e vanno a vestirsi da sposi.
Il tempo e il senso comunitario. Uno degli sbalzi che ho vissuto e che sto vivendo è sicuramente dal punto di vista del senso della comunità e delle responsabilità ministeriali. Ho parlato tanto e tante volte di corresponsabilità dal pulpito, di vocazione battesimale comune a tutti i cristiani; ma mi sto rendendo conto che sbagliavo perché non avevo metri di paragone. Qui davvero la chiesa è ministeriale: ogni comunità e zona e regione in cui è divisa la parrocchia ha i suoi responsabili particolari (anziano, catechesi per giovani e per adulti e per cresima, famiglie, donne, giovani, infanzia missionaria, pastorale vocazionale, caritas e salute, giustizia e pace, tesoriere: sono tutti i ministeri presenti, puntualizzati e precisati dal direttorio diocesano). E ogni compito dura al massimo tre o sei anni; e solo il catechista è reiterabile, perché tutti gli altri cambiano. Sono una infinità di persone, un oceano immenso di bene che viene prodotto e messo in circolo. Ma non è solo questo… un giorno mi sono ritrovato in una comunità a assistere ad un consiglio, che vedeva anche la presenza della parrocchia (eravamo tre dell’equipe missionaria) ma era presieduto dal responsabile regionale e aveva come scopo quello di prendere alcune decisioni in merito ad una faccenda economico-giuridica di alcuni della comunità stessa. Queste persone (tutta la comunità locale) si era data appuntamento sotto l’albero davanti alla cappella, e non si sono alzate finché non hanno finito di ascoltarsi e non hanno preso insieme una decisione ascoltando tutte le parti in causa, senza lasciare nessun discorso in sospeso, pure quello del perdono di chi aveva sbagliato e di come riammetterlo in comunità dopo la richiesta di perdono e il riequilibrio dettato dalla giustizia sociale (anch’esso deciso comunitariamente, lui compreso). Sono d’accordo con voi: così certo che si perde un’infinità di tempo!!! Ma chi ne guadagna è il clima comunitario (che contemporaneamente si rinsalda e ritorna efficiente), l’ascolto e l’individuo stesso, che così può sentirsi riabilitato e accolto come persona.
Lavoro di equipe, tra partenze e arrivi. Già vi ho accennato all’equipe missionaria. In pratica, è il gruppo che si forma “di fatto” con i sacerdoti e religiosi e laici a cui è affidata la conduzione della parrocchia. Nel caso di Chipene, siamo due preti (io e don Lorenzo Barro) e tre suore della famiglia comboniana (Anjeles e Paula sono di origine spagnola, Maria è di Vittorio Veneto). Ci sono state due suore che, per vari motivi, non sono più a Chipene. In altre parrocchia ci sono anche laici o laiche, che magari dedicano un certo tempo ai “lar” (“conviti”) dei ragazzi o delle ragazze; a Chipene non ci sono (almeno per il momento: se qualcuno di voi che mi state leggendo volesse provare, assicuro che c’è molto spazio!!! Chiedete a chi è già passato di qua come sacerdote o come parrocchia o partecipanti al PEM!!!). Vista la mole di lavoro, e vista la necessità di organizzarci, ci siamo suddivisi le responsabilità, ovviamente: io seguirò di più gli ambiti della pastorale giovanile e vocazionale e l’Infanzia missionaria, visto che sono variamente collegati, ma questo non significa che lavorerò in solitaria! Anzi!!! Certo, anche a livello di equipe è fondamentale lavorare a stretto contatto e confrontandosi ogni giorno: anche questo è uno sbalzo che ho vissuto e che sto vivendo.
La grossa difficoltà (oltre ai documenti) è soprattutto con la lingua. Il macua è davvero difficile per me. Ho già celebrato due volte la messa in macua, e il catechista degli adulti di Chipene mi fa da “professore”, ma certo non mi vergogno di chiedere ogni volta la pazienza nei miei confronti a quei poveretti che stanno ad ascoltare anche gli strafalcioni infiniti che dirò (e che solo loro comprendono). Fa parte del gioco, certo, ma è anche vero che una lingua è la traduzione di una cultura. Qualche esempio di grammatica macua: non esiste la terza persona, né al singolare né al plurale (si sostituisce sempre con un termine generico, perché non c’è una cosa “x” o una persona “y” che fa o non fa una cosa, ma tutto ha un’identità); i numeri vanno da uno a cinque (io ho una mano e una vista, non due viste, e quindi vedo una mano per volta!); i sostantivi e gli aggettivi sono suddivisi in quattro classi a seconda di come formano il singolare o il plurale; la nostra congiunzione “di” non è riferita all’oggetto in sé da specificare ma a chi appartiene; … Insomma, occorre applicarsi “vakhani vakhani”, dandosi anche il permesso di ridere di se stessi!!
Tra l’altro, la nostra diocesi di Nacala sta per vivere un momento storico: il primo cambio di vescovo! La diocesi è sorta nel secolo passato, e finora ha avuto solo un vescovo, il primo della sua storia. Per raggiunti limiti di età, ha segnalato che ci sarebbe stato un cambio a breve. Il primo luglio accoglieremo “Dom” (sta per il nostro “Sua Eccellenza”, ed è il motivo per cui ora mi faccio chiamare “padre” almeno qui) Alberto Vera Arejula: un religioso della famiglia mercedaria, originario della Spagna, già vescovo ausiliare della diocesi di Xai-Xai (la “x” si pronuncia “sc” in portoghese, come nella parola italiana “sci”). Anche per lui si tratterà di imparare un po’ il macua… vi chiedo già adeso di ricordarlo nella preghiera, a distanza!
Tempi di documenti e di vicende più pratiche. Giusto ieri siamo andati a Nampula e mi è arrivato il primo “DIRE”, il documento che mi dà il diritto di residenzialità su suolo mozambicano. Ora si tratta di procedere con varie altre pratiche, in particolare con la patente (dovrò rifare l’esame di teoria, a quanto ho capito… ma vi aggiornerò). Riguardo all’iniziativa di solidarietà di quaresima, ieri è stato versato l’assegno per l’acquisto di una vettura Nissan, che dovrebbe arrivare la prossima settimana; anche su questo prometto di aggiornarvi.
Chiudo. Anche perché sarete di sicuro stufi di leggermi.
Stiamo per festeggiare l’avvenimento salvifico dell’Ascensione. Come ogni anno, si ricorderà il giorno delle comunicazioni sociali: ringrazio il Buon Dio della possibilità di intrattenermi con voi con questi canali comunicativi, perché senza sarebbe molto più difficile relazionarmi con voi a più di 5000 chilometri di distanza.
Ascensione significa anche che dal Cielo si vede tutto con un’altra prospettiva: più completa, più ampia, perché gli orizzonti si ampliano e lo sguardo del cuore si amplifica. In Dio e con Dio, il nostro corpo diventa la caparra della nostra eternità: Egli dilata le nostre vite fino all’inverosimile, le riassume fino al fratello, le purifica fino al rinnovo… in una parola, le “eternizza”. Il Signore del Tempo e della Storia possa fecondare le vostre vite e renderle densamente ricolme di Lui, donando il Suo Spirito di sapienza e di fortezza per scegliere il bene e per portarlo avanti. Ci diamo appuntamento nel Signore, che si rende presente nell’Eucaristia che fa la Chiesa. Vi chiedo di ricordare anche questo paese mozambicano nella preghiera. Un saluto cordiale a tutti voi e alle vostre famiglie e comunità!
padre Loris Vignandel