Domenica 21 ottobre si è tenuto a Concordia il convegno regionale adulti di Azione Cattolica che ha visto la partecipazione di aderenti provenienti dalle quattro diocesi della nostra regione. L’incontro ha avuto inizio con la Santa Messa presso la Concattedrale, dopo la pausa caffè c’è stato il momento portante della giornata, ovvero il convegno dal titolo “Custodire la vita”.

Dopo i saluti del rappresentante dell’Amministrazione Comunale di Concordia e della Presidente diocesana Paola Colussi, il convegno, condotto dal moderatore Dott. Mauro Capuzzo, ha visto la presenza di tre relatori.

Il primo intervento è stata la testimonianza, per altro molto toccante e significativa, della Sig.ra Graziella Valoppi di Udine, infermiera responsabile dell’hospice. La testimonianza può essere riassunta con il titolo “stare accanto a chi non può guarire” e si può sintetizzare con cinque parole che lei considera come “pietre” miliari del suo percorso:

- incontro: con il paziente, con i suoi familiari, con i tuoi colleghi. La condivisione della sofferenza ti porta a rivedere anche la tua vita.

- persona: colta in tutte le sue dimensioni, corporea, emotiva, affettiva/relazionale, sociale, spirituale, culturale.

- insieme: la “pietra” dell’incontro raccontata dal punto di vista dell’operatore e non da quello del paziente.

- senso: le domande sul significato della vita, della sofferenza, della morte (non a tutto si riesce a dare una risposta).

- fragilità: è un valore umano. Riconoscere la fragilità degli altri ma anche la propria ti porta a riscoprire alcuni aspetti quali la tenerezza e la compassione che molte volte il lavoro tecnicizzato porta a trascurare; allora la scoperta della fragilità porta anche a ingentilire i gesti di cura.

Il secondo intervento è stata la relazione della Prof.ssa Francesca Marin, docente di Filosofia morale presso l’università di Padova, sul tema “le questioni etiche di fine vita”. L’introduzione all’intervento riguarda la complessità dell’argomento, argomento che la docente ha evidenziato in tre punti:

1. premessa: il processo del morire ieri e oggi e le possibili reazioni;

2. prospettiva relazionale: autodeterminazione del paziente e autonomia professionale del medico e proporzionalità delle cure;

3. considerazioni conclusive: il processo del morire ieri e oggi. Per descrivere questo punto la relatrice presenta il quadro Scienza e carità di Picasso che evidenzia il cambiamento delle situazioni nelle quali avviene il trapasso. Le possibili reazioni, quali le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), eutanasia e suicidio assistito, oggi possono prendere le mosse da una lettura distorta di quel valore fondamentale della vita che è l’autonomia. Può essere erroneamente interpretata in termini assolutistici e individualistici, mentre andrebbe declinata come autonomia in relazione. L’autonomia del paziente non è un’autonomia assoluta, è un’autonomia esposta alla vulnerabilità derivante dall’esperienza di malattia. Le volontà del paziente potrebbero assumere i caratteri di una falsa autonomia: vanno pertanto interpretate all’interno di un rapporto interpersonale con il medico, rapporto che è per sua origine asimmetrico e di natura fiduciaria.

Il medico, a sua volta è tenuto a non interferire, a operare per la tutela della vita e della salute nel rispetto della volontà del paziente e promuovere la sua autonomia, come previsto nel codice di deontologia medica. Il focus si potrebbe sintetizzare nello slogan “relazione di cura, ma anche cura della relazione”. La riflessione sul fine vita può darci la possibilità di riconoscerci come esseri relazionali, fragili, vulnerabili e finiti.

Il terzo intervento è stata la relazione del Prof. Paolo Benciolini, docente di Medicina Legale presso l’Università di Padova, sul tema “Curare e prendersi cura degli ultimi giorni” che prende spunto dalla Legge 219/17 (definita come Bio testamento). Il docente ha fornito alcuni spunti di riflessione:

- cogliere gli aspetti legati non solo alla normativa ed evidenziare l’evoluzione della riflessione sulla finalità degli atti medici.

- lo scopo degli atti medici è guarire, curare, solo curare la malattia o promuovere la salute? E ancora: cosa significa prendersi cura?

- la medicina si confronta con i diritti umani; emergono due aspetti importanti: il consenso (il paziente deve essere messo in grado di potersi confrontare con il medico) e l’autodeterminazione.

- il tema della morte è il nuovo “tabù” della nostra società.

In conclusione il relatore ha riferito che la legge 219 è una legge fondamentale per gli operatori della salute, ma non solo: è una legge che ha anticipato i tempi rispetto al dibattito ed è espressione di democrazia partecipata, preparata con gli interventi di molte persone, manifestazione di sensibilità diverse e di diverse discipline (sanitarie, mediche, etiche, giuridiche e anche religiose). Lo scopo principale della legge è di favorire il rapporto di fiducia tra persone ammalate e coloro che le curano. Oggi è molto difficile creare una nuova mentalità. Tutti hanno diritto, dopo una adeguata informazione, di esprimere la propria volontà e qui come già presentato nei due interventi precedenti entrano in gioco il paziente e il medico, ma anche i familiari.

Franco Tissino

 

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