Il primo settembre 2019 si celebra la quattordicesima giornata per la custodia del creato dal tema “Quante sono le tue opere, Signore. Coltivare la biodiversità”.
Le commissioni episcopali per il sociale e per l’ecumenismo, nel messaggio scritto per l’occasione, mettono le mani dentro un argomento tecnico, per certi aspetti, andando a scoprirne gli agganci con la dottrina sociale e le Scritture. In questa scelta si può vedere la volontà della Chiesa di non cedere ad una retorica astratta e lontana dalle realtà quotidiane.

Biodiversità è una parola che porta diversi significati, in tal senso è bene individuare a quale faccia riferimento il messaggio e quindi il tema della giornata. Il nostro punto di riferimento non può che essere l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’ che dedica la terza parte del primo capitolo all’argomento, intitolandola “Perdita di biodiversità”. Qui si comprende che per biodiversità si intende la presenza all’interno di un ecosistema di molteplici forme di vita che si producono in reciproche interconnessioni formando insieme un equilibrio.

Il rischio della perdita di biodiversità a causa dell’intervento umano è un rischio su cui puntano il dito i vescovi, seguendo la sensibilità promossa dall’enciclica di papa Francesco.
Per chi c’era il 16 febbraio ad Azzano X, durante il consiglio diocesano aperto, il professor Gianguido Salvi (professore di paleontologia presso l’università di Trieste e presidente diocesano dell’Ac di Trieste), nella sua presentazione, ci ha fatto ben capire l’impatto che l’uomo ha avuto sulla natura e sugli equilibri biologici.

Secondo il professor Salvi, rispetto alle altre creature, l’uomo ha avuto la possibilità di adattare l’ambiente alle sue esigenze, andando a modificare la legge darwiniana secondo cui l’organismo più adatto sopravvive e il conseguente adattamento delle specie all’ecosistema. L’uomo quindi non si adatta, ma adatta ci che lo circonda, in tal senso l’aumento costante della popolazione ha fatto sì che sempre maggiori fette dell’ambiente naturale venissero plasmate al fine di garantire all’umanità tutte le risorse necessarie alla sua sopravvivenza.

Come sappiamo l’intervento umano ha delle conseguenze e l’adattamento dell’ecosistema alle nostre esigenze nel tempo ha reso sempre più “artificiale” l’ambiente terrestre.
Questo getta una luce particolare sulle parole di Genesi 1,28: «Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra», perché l’uomo ha sicuramente un potere sulla natura, ma la sua superiorità consiste nella razionalità e nell’intelligenza che lo hanno reso capace nel tempo di porre le sue mani sul creato per plasmarlo sempre più secondo i propri desideri.

In questo senso le parole di Papa Francesco vanno ad arricchire la semplice visione di un primato dell’uomo sulla natura. Nella sua enciclica richiama la responsabilità che comportano per l’uomo gli immensi doni ricevuti, avvertendo tutti rispetto ai rischi del deterioramento ambientale. L’enciclica si rivolge esplicitamente “a ogni persona che abita questo pianeta” – Laudato sì, n. 66 – e fa esplicito riferimento all’enciclica Pacem in terris di papa Giovanni XXIII che, prima di lui, aveva richiamato l’attenzione di tutte le persone di buona volontà sul problema del nucleare. Il problema ambientale, sembra dirci il Santo Padre, è reale e coinvolge cristiani e non cristiani.

La nascita del problema è tutta dentro l’uomo, che Papa Francesco ricorda vivere all’interno di una triplice relazione: con Dio, con il prossimo e con il Creato (Laudato sì, n. 66). Perciò , la presenza nel mondo di inquinamento, riscaldamento globale e la stessa perdita della biodiversità sono tutti segnali di un equilibrio instabile nel rapporto con il creato da parte dell’uomo. Non a caso il Papa lega il problema ambientale a quello sociale e in ultima analisi alla perdita del rapporto dell’uomo con Dio. In sostanza l’avvelenamento del nostro ecosistema e le conseguenti catastrofi che ne derivano sono frutto del peccato e della caduta.
Questo ci porta a riflettere sul fatto che se la necessità materiale di garantirci un futuro su questa terra coinvolge ogni abitante di questo pianeta, per noi Cristiani recuperare un rapporto armonico ed equilibrato con l’ambiente è una questione più profonda.

Papa Francesco vuole far capire come il cammino verso un nuovo sviluppo sostenibile va di pari passo con la scoperta del comandamento dell’amore predicato dal Vangelo e con il cammino verso Dio proprio di ogni vita spirituale.
L’umanità è chiamata dall’avvento di Cristo e, questa chiamata, è il vero motore che ci spinge a riconsiderare il nostro rapporto con il creato, nel segno del rispetto e della cura in quanto partecipe anch’esso del nostro destino di salvezza «In tal modo, le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta ad un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa» (Laudato sì, n. 100).

Coltivare la biodiversità, è dunque la proposta dell’episcopato per la 14° giornata per la custodia del creato che si inserisce in questa lettura, ben più ampia e più profonda, che vuole sensibilizzare ad un problema tristemente concreto e, nello stesso tempo, accendere il focus su ci che è veramente importante, ossia, che la biodiversità è, prima di tutto, la ricchezza della creazione, pensare ad essa significa imparare a guardare alla grandezza dell’opera di Dio e del suo amore.

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