Ha avuto inizio il primo agosto la nostra avventura nella missione diocesana di Chipene, che si trova nella provincia di Nampula, nel Nord del Mozambico.
All’aeroporto siamo accolti dai nostri preti diocesani Fidei Donum, Don Lorenzo e Don Loris, che ci accompagnano alla missione, a cui arriviamo dopo un viaggio di circa cinque ore e mezza a bordo del loro pick-up, nel corso del quale la strada asfaltata lascia presto spazio allo sterrato del mato, la “foresta abitata”.
Le strutture principali a Chipene sono la chiesa, la casa dei padri e quella delle suore. I nostri preti, infatti, non sono soli, ma ci sono anche tre suore comboniane: Maria, Angeles e Paola. C’è poi il Lar, un convitto che permette a circa venticinque ragazze che abitano in zone più distanti di frequentare la scuola di Chipene e dove queste sono seguite nello studio e nella vita comunitaria.
Vicino alla missione c’è l’ospedale, fondato dai Comboniani e nazionalizzato dopo l’indipendenza dal Portogallo. Oggi le suore missionarie cooperano con l’ospedale attraverso il servizio offerto dal Centro Nutrizionale, dove sono mandate le donne che non riescono ad allattare, perché venga loro fornito il latte in polvere, ma soprattutto affinché sia insegnato loro come provvedere al nutrimento dei piccoli e ne sia monitorato il peso nei primi anni di vita. Infine, sono presenti alcune strutture dove avviene la formazione dei laici e altre in cui questi sono ospitati durante le giornate di incontro. Bisogna infatti considerare che la parrocchia di Chipene si estende per un territorio che è grande quanto la nostra diocesi e che comprende circa 130 comunità. Va da sé che due sacerdoti e tre suore non possono certo far tutto da soli e, di conseguenza, c’è molta collaborazione e corresponsabilità dei laici nella vita comunitaria.
Di ritorno dalla nostra esperienza missionaria, molti ci chiedono cosa siamo andati lì a fare. La risposta che diamo è semplice: siamo andati lì a vedere e…a incontrare! A incontrare un popolo lontano da noi nella diversità del loro vivere, diversità che è semplicemente un’altra normalità. A sentirci a casa a migliaia di chilometri da casa, grazie al senso di accoglienza della gente del posto, capace di condividere anche il poco che hanno perché l’ospite è un dono prezioso. A conoscere uomini e donne del luogo che si spendono nella vita della comunità: come Gino, che dedica il proprio tempo alle ragazze del Lar e all’infanzia missionaria, Rosa, impegnata nella formazione delle donne, Alfredo, catechista degli adulti, che ci ha raccontato le tradizioni del popolo Macua. Ad ascoltare le storie di quelli che hanno lasciato la loro casa per venire ad abitare in mezzo a quelli che noi chiameremmo gli ultimi: i sacerdoti Fidei Donum, le suore, che hanno vissuto la fine della dominazione portoghese, l’indipendenza e la guerra civile, quei laici che hanno scelto di dedicare un tempo più o meno lungo della propria vita a queste terre. Come Michela, che dopo la laurea ha scelto di fare un anno di servizio con le ragazze del Lar di Namahaca, o Giovanna, che lavora con i rifugiati a Nampula, o Elena, che ha lasciato un lavoro sicuro per occuparsi di progetti di microcredito.
Certo, tre settimane ti permettono di avere solo un assaggio della realtà missionaria, ma sentiamo che gli incontri fatti a Chipene ci hanno arricchito e donato una gioia difficile da descrivere. La vera sfida, ora, sarà riuscire a dare continuità a questa esperienza nella nostra vita quotidiana.
Alessandro Trevisan, Magda Luvisutto e Paola Martin