Zaini in spalla, valigie in mano e cuore vigile. Uomini, donne, famiglie anziani e bambini. Pordenonesi, concordiesi, portogruaresi, pisani. Tutti diretti verso la Casa Alpina “Mons. Paulini” di Cimolais (PN), sulla via d'Israele. Una casa, quella d'Israele, che si è ormai lasciata alle spalle l'egiziana oppressione ed ora vede di fronte a sé l'immenso oceano della libertà. Una libertà fatta di sabbia e di sole senza cibo né acqua. Ed ecco che, a poco a poco, il suo lamento divien mormorazione, un'acida protesta contro il suo capo Mosè e suo fratello Aronne, un brontolio insistente ed incessante, un'assoluta assenza di speranza che la porta a rimpianger con nostalgia, la schiavitù in terra straniera giungendo a trasfigurar e sublimar quel tempo di stenti e soprusi (Es 16; 3). Ma il Signore ascolta il suo grido e quella sera, dopo aver mostrato la sua Gloria, (Es 16; 10), uno stormo di quaglie copre l'accampamento mentre il mattino seguente, una sostanza dolce, bianca e granulosa che si scioglie al calore del sole, chiamata manna (Es; 16; 31), forma uno strato simile alla rugiada tutto d'intorno. Questo è il cibo dato dal Signore; carne la sera, e pane dal cielo la mattina, in quella polarità temporale che, come nei giorni della creazione, rivela la presenza viva del Dio Unico capace di dar vita al di là d' ogni umana ribellione. Ma dopo la fame ecco la sete.
Ora è Mosè ad invocare il nome del Signore che ancora una volta non manca di dare il suo aiuto facendo scaturire l'acqua dalla roccia dell'Oreb (o Sinai). Così in quel luogo chiamato Massa (contestazione) e Meriba (prova), davanti ad un Israele che si chiede ancora se il Signore sia con lui oppure no (cfr. Es 17; 7), Jhwh mostra ancora la sua potenza creatrice. Ed ecco che, al terzo mese dall'uscita dall'Egitto, finalmente giunto nel deserto del Sinai, dopo aver visto ciò che Dio ha fatto (Es 19; 4), quel popolo dalla dura cervice (Es 32; 9) è pronto per divenire sua proprietà e custodire la sua Alleanza (Es 19;5) per essere una nazione santa a servizio di Dio tra tutti i popoli. E quelle “Dieci Parole” (Es 20; 1-17) insieme alle dettagliate istruzioni per costruire la divina Dimora e tutti i suoi arredi (Es 25; 1- 27; 21. 30; 1- 31; 11) son proprio il segno di quel Dio paziente che mai si stanca d' insegnar ad un popolo ancora bambino a diventare adulto, attraverso l'arte della Giustizia, dell'Eguaglianza, e della Solidarietà tra fratelli. E mentre sul Sinai, per quaranta giorni e quaranta notti, il fedele condottiero d'Israele cerca di compier la sua missione sotto lo sguardo di Dio, anche noi, in quella casa dalle bianche pareti, provvista d'un gran salone, servendoci di tutti i materiali disponibili, dai cartelloni, ai cartoncini fino alle costruzioni, d'ogni forma e dimensione, ci mettiamo all'opera per dar vita a quelle quaranta assi in legno d'acacia, venti a nord e venti a sud posate su basi d'argento, ai teli di bisso ritorto di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto all'Arca dell'Alleanza, e ad ogni suppellettile che impreziosisce l'immenso atrio del Signore, per poi esplorar il mondo degli abiti sacerdotali e le regole per offrir i sacrifici. Ma quaranta giorni e quaranta notti d'attesa son lunghi, troppo lunghi. Mosè tarda a scender dal monte e così, proprio mentre il Patto sta per esser concluso, tutto il popolo s' affolla attorno ad Aronne chiedendogli di far per lui un dio a sua misura (Es 32; 1), un dio che si veda e che soddisfi ogni sua richiesta come gli dei conosciuti in Egitto. Ed accade dunque ch' il pavido fratello del divino mediator, dopo aver perentoriamente ordinato agli uomini di toglier i pendenti d'oro dagli orecchi delle loro figlie e delle loro mogli ed averli ricevuti dalle loro mani, fa colar l'oro in una forma e ne ottiene un vitello di metallo fuso, segno di forza e potenza, ma anche di bontà e mansuetudine. Nulla dice il testo biblico in merito alla procedura per ottener un idolo di siffatta foggia, sta di fatto che, terminata la creazione di tale opera, quel popolo s'alza di buon mattino e, per dimenticar l'assenza del Dio dell'Alleanza e il deludente fallimento del suo profeta, inizia a offrir sacrifici di comunione a quel dio prefabbricato, con quella stessa indifferenza con la quale, fino a poco prima aveva sacrificato al Dio della sua Liberazione, e termina la festa mangiando, bevendo e dandosi al divertimento (Es 32; 6). Ma il Signor della Vita, che ben conosce la gente ch'Egli stesso si è scelto, intima al suo servo di scender subito e di lasciar che la sua ira s'accenda e distrugga tutta quella moltitudine che non ha tardato ad allontanarsi dalla via da lui indicata, per poi poter continuar solo con lui il suo grande progetto di salvezza (Es 6; 7-10). Ma ecco allor ch' il salvato dalla figlia del Faraone, da buon Amico di Dio e Difensor del suo popolo addolcisce il volto del suo Signore con quella delicatezza ch'è propria di chi ama implorandolo di desister dalle sue crudeli intenzioni e di ricordar Abramo, Isacco e Giacobbe affinché gli Egiziani non trovino il pretesto per affermar che non un Dio potente come lui, ma uno malvagio aveva tolto le catene al popolo per poi farlo sparir dalla terra. (Es 32; 11-13). E così il Signore, che fors’altro non aspettava, abbandona il proposito di nuocer al suo popolo (Es 32; 14). Ahimè quant'è assurdo però lo spettacolo che si presenta agli occhi del ministro di Dio una volta sceso dal luogo dell'incontro con l'Eterno! Musica, danze e grida di chi canta a due cori, il popolo ormai non aveva più freno. Ed ecco che un'ira cieca ed irrefrenabile si impossessa di colui che fino a poco prima in favore d'Israele aveva agito; egli infatti senza pensarci due volte spacca le Tavole della Legge, frantuma il vitello, sparge la sua polvere nell'acqua e la fa trangugiar agli Israeliti (Es 32; 19- 20). Poi ordina ai figli di Levi di passar a fil di spada tutti gli avversari di Jhwh. Così quel giorno perirono circa tremila uomini. (Es 32; 26-28). Ma dopo aver percosso il suo popolo per il vitello fatto da Aronne, (Es 32; 35) quel Dio misericordioso, lento all'ira, ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni perdonando la colpa, la trasgressione e il peccato ma non lascia senza punizione ciò che non può essere impunito (Es 34; 5-7), richiama Mosè sul monte, ridetta le tavole e rinnova l'alleanza infranta. Ed egli, una volta sceso dal monte, rivestito dello splendore e della potenza di Dio, non si accorge che il suo volto è divenuto raggiante (Es 34; 29) Tanto abbaglianti sono infatti i corni di luce che da lui si irradiano, ch' egli non può riferire ad un popolo pieno di timore quel che il Signore gli ha comandato, senza aver prima coperto il suo viso con un velo. (cfr. Es 33; 33-35). Una settimana, quella dal 7 al 14 agosto 2016, fortemente voluta dall'Azione Cattolica Diocesana, dalla Diocesi Concordia- Pordenone e dall'Ufficio Catechistico ed organizzata, a partire dal mese di dicembre, da un'equipe efficiente e piena d'inventiva: Alice, Anna, Barbara, Elena, Erik, Lisa, Maurizio, Silvia, Silvia, Don Federico, Don Marino, Don Simone. Scandita dall'approfondito studio della seconda parte del libro dell'Esodo (capitoli 15-34), dalla lectio divina su brani scelti con relative condivisioni nell'intimità delle piccole chiese di Claut ed Erto e dalle meditazioni impreziosite dalle visite di Don Simone Toffolon, Barbara Marchiò, sposa del Signore nell'Ordo Virginum presente nella nostra diocesi e del Vescovo Emerito monsignor Ovidio Poletto che ci invita a recuperare lo spazio per tornare ad apprezzare quella Buona Novella che rende davvero umani. Un' imperdibile esperienza formativa che ha visto circa sessanta persone coinvolte in lavori di gruppo, canti, momenti di preghiera e fraternità, in comunione con alcuni bambini e ragazzi dai 3 ai 16 anni i quali, tra giochi, colori e creatività, si sono interrogati sul significato d'un alleanza basata sull'ascolto, l'empatia, la lealtà, la fiducia e quella dolce fermezza indispensabile per costruire relazioni fruttuose e positive. E noi, dopo aver contemplato in questo lungo sabato, le meraviglie d'un Dio senza veli, davanti al crepitio d'un fuoco, cantiam con una voce, una chitarra e mille risate, i suoi prodigi, prima di scendere da quel Tabor di verde di cielo e di nuvole, pronti per tornar ad edificar la chiesa portando sempre dentro di noi la sottile intelligenza della parola di Dio con la consapevolezza che, nonostante le difficoltà della vita, il suo volto camminerà con noi (cfr. Es. 33; 14).
Elena Toffoletto