Dire cosa sia stato il mio primo modulo nazionale vicepresidenti è semplice. E come molte cose semplici è anche parecchio difficile, perché ti sembra di banalizzare… Anche perché l’idea iniziale che ho avuto vedendo il programma era dapprima quella di un corso di aggiornamento, poi quella di un luogo per fare rete tra i vari colleghi vicepresidenti e il MSAC (ospite e collaboratore attivo di questi 3 giorni).

Probabilmente sarebbe stato già interessante così, già formativo così. Il Signore ha però voluto che non fosse solo questo.
La definizione che mi rimane da più di qualche giorno è TEMPO DI GRAZIA. Non tanto per me, ma per l’Azione Cattolica intera. E questa consapevolezza parte da alcuni elementi fondamentali.
I primi sono senz’altro i luoghi. Ciò che si percepisce varcando la soglia del Centro Nazionale è contraddittorio: senti di essere dove una parte della storia contemporanea della cristianità è stata scritta.

Alcuni tra i più eminenti laici cattolici hanno solamente visitato o addirittura consumato quei corridoi. Dall’altro lato senti anche che sei in un altro posto che puoi chiamare casa. Questo contributo viene dalla gente che incontri, il che mi permette di parlare del secondo fondamentale: le persone. Incontri giovani uguali a te che semplicemente hanno deciso di immergersi in una realtà un po’ più grande della loro parrocchia, per occuparsi del futuro proprio, dei propri amici, dei propri figli e dei figli e degli amici di quelli che abitano quest’Italia un po’ affaticata dall’età media. Questo dà mutuo coraggio e ricarica l’entusiasmo. La grazia poi di avere sacerdoti che ci credono quanto te è un valore aggiunto, un collante necessario per non essere soltanto scuola di democrazia ma anche luogo di discernimento comunitario.

Il terzo elemento fondamentale è l’idea che diventa realtà. Non è solo un pensare, un rileggere la realtà attuale con gli occhi dei giovani che siamo e che rappresentiamo (che è effettivamente già una gran cosa). Non è nemmeno solo potersi mettere in dialogo, confrontarsi, condividere esperienze e fede (sono questi tratti peculiari della nostra associazione e di altre che si impegnano a diffondere il Vangelo a vari livelli). Il di più è il trovarsi a fare tutto questo nell’anno del 150° anniversario dalla nascita, con tutte le sfide e le possibilità che questo comporta: rende il tutto centrato all’interno della storia. A mio modesto avviso, rendere le nostre idee una concreta realtà che pensa al futuro è fare storia. Il sentimento che mi porto a casa di più di questa esperienza romana (così come ho percepito all’Assemblea Nazionale di aprile-maggio) è che dal Centro Nazionale fino alla più piccola associazione di base quest’anno si sta rendendo l’idea una concreta realtà, per fare un pezzo di storia fondamentale del nostro essere laici impegnati e del nostro essere cristiani insieme.

Ripensando alla storia è bello poter ringraziare chi parte dai tuoi luoghi ti precede nell’impegno e nell’entusiasmo in quei luoghi: Lisa, Anna, Marco Pio e don Fabrizio. Da bravi educatori, impariamo che piantiamo e seminiamo perché altri raccolgano. Il fatto inconcepibile è che questa pianta (questa vigna, direi) la facciamo vivere da 150 anni.

Matteo Toso

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