Quante volte, ascoltando un qualsiasi telegiornale o leggendo un quotidiano, ci siamo imbattuti nelle parole profugo, migrante, clandestino, richiedente asilo o rifugiato? Avrete sicuramente perso il conto. E quante volte, al bancone di un bar o durante una cena, abbiamo sentito dire “ma mica siamo obbligati a tenerli qua! Che li rimandino indietro, no?!”? Peccato, però, che la situazione non sia così semplice come sembra e che spesso le persone siano malinformate riguardo il tema dell’immigrazione e del ruolo del nostro Paese in questo scenario.
Per sopperire a questa mancanza e fornire una base comune di linguaggio, il Consiglio diocesano e alcuni rappresentati dei consigli parrocchiali della diocesi si sono riuniti sabato 24 febbraio presso la parrocchia di Cristo Re. Dopo un momento di preghiera iniziale, presieduto dal padrone di casa Don Fabio Magro, e una breve introduzione da parte della presidente, il moderatore dell’incontro (completamente volontario) Alex Coden ha presentato gli ospiti, nonché relatori dell’incontro.
Ha rotto così il ghiaccio Ilaria Piccoli, dottoressa in Scienze Politiche con una tesi sulla Convenzione di Dublino, che ha avuto l’arduo compito di far luce sul significato di alcuni termini ormai all’ordine del giorno (clandestino, profugo, rifugiato, …). Ilaria ha poi chiarito i doveri che i Paesi europei hanno approvato firmando accordi quali la Dichiarazione universale dei diritti umani, le Convenzioni di Ginevra e di Dublino, e l’iter che un immigrato deve seguire nel nostro Paese per ottenere il diritto di asilo, spiegando nello specifico quello che avviene nelle zone friulane e venete.
A questo punto ha preso la parola Andrea Baracchino, direttore della Caritas, con il quale è stato approfondito il tema dei centri di accoglienza, dalla distinzione tra HUB, CAS e SPRAR alla loro presenza nel nostro territorio, e il tema dell’emergenza freddo, altamente problematico dal novembre scorso.
A seguire Rita Capettini, assistente sociale, ha ripreso e integrato quanto detto sui centri di accoglienza. È stata sottolineata, inoltre, l’importanza della rete di comunicazione che si è creata nella nostra provincia tra Caritas, assistenti sociali e Croce Rossa, e si è posta attenzione soprattutto a coloro che non usufruiscono dei servizi di accoglienza per varie ragioni e che quindi rimangono a vivere per strada, vivendo in rifugi di fortuna e di profitti illeciti, “sovvenzionati” da cittadini italiani.
Infine, Stefano Carbone, marito di Rita e psicologo di comunità, ha concluso la carrellata di interventi riprendendo il tema trasversale dell’integrazione di queste persone nelle nostre comunità e l’importanza di creare un ambiente favorevole all’interno delle stesse, facendo cadere tutti i falsi miti che ci spingono a rinunciare a ciò che è nuovo e che ancora non conosciamo.
L’incontro si è concluso con una provocazione per i presenti, ma sicuramente valida per tutti: cosa può fare un educatore a riguardo?
Eleonora Lena