Pensare e fare politica da cattolici nelle istituzioni, anche a livello locale (nei nostri Comuni) con lo stile proprio di chi proviene dall’Azione Cattolica, oggi è tutt’altro che semplice. La decina di amministratori iscritti all’Azione Cattolica diocesana se lo sono detti a gennaio confessando soprattutto le proprie fatiche e difficoltà rispetto alle soddisfazioni.

L’idea di ritornare ai principi per rileggerli e trovare nuova ispirazione è stata una felice intuizione che si è concretizzata a fine febbraio con un incontro aperto ad altri aderenti di AC interessati all’impegno politico. Abbiamo infatti riflettuto e discusso, con l’aiuto del prof. Luca Grion, docente di filosofia morale all’università di Udine, di bene comune e dei suoi concetti correlati: libertà, giustizia, destinazione universale dei beni, sussidiarietà, partecipazione, democrazia e solidarietà.

Siamo tornati a considerare il significato più originario e autentico di bene comune, quello per cui prende senso l’impegno politico. Diversamente da quanto oggi si tende a pensare il bene comune non è il solo interesse generale o l’utilità comune, né l’insieme dei beni comuni e neppure la sommatoria dei beni prodotti individualmente da ciascuno, perché il bene comune non equivale al PIL. Come cattolici dobbiamo sapere che il bene comune ha una dimensione spiccatamente morale: è il prodotto dei contributi tangibili e intangibili di tutte le persone di una comunità (da quella locale a quella globale) per la realizzazione di una buona vita per tutti. Le persone non sono dei meri individui con bisogni da soddisfare e propri obiettivi da realizzare. Siamo soggetti fatti per stare in relazione gli uni gli altri, non solo per bisogni materiali ma anche perché abbiamo il desiderio d’amare e di fare qualcosa per gli altri. Lavorare per il bene comune significa, quindi, impegnarsi per creare legami solidali, di reciproco rispetto, di valorizzazione delle persone e tra le generazioni, nella libertà e nella corresponsabilità.

Operare per la crescita della ricchezza pro-capite come tenore di vita non basta perché è finalizzata solo alla dimensione addizionale. Il bene comune, invece, si basa su un concetto moltiplicatore in cui tutti i cittadini di ogni età sono un valore che apporta valore materiale e immateriale alla comunità. Anche gli indigenti, i poveri, gli esclusi sono portatori di valore che genera bene comune. Ecco il compito fondamentale dei cattolici in politica: adoperarsi affinché anche chi ha meno, chi è fragile sia messo nelle condizioni di esprimere il proprio valore, i propri talenti. In tal senso occorre favorire una partecipazione effettiva e diffusa, evitando discriminazioni, riducendo disuguaglianze, creando legami di solidarietà tra le persone, permettendo che gruppi, associazioni e categorie possano organizzarsi per contribuire al bene comune secondo regole dettate dal principio di sussidiarietà.

Il relativismo in cui viviamo rende difficile accordarsi su un significato univoco di bene comune e per questo una nuova chiave da usare oggi è quella del prendersi cura di sé, degli altri, dell’ambiente e delle generazioni future. Questa dimensione fa emergere con forza la dimensione del servizio in politica più che del potere, come ci insegna Gesù nel Vangelo. Ripartiamo da qui.

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