La decisione di esserci alla beatificazione di Armida Barelli il 30 aprile a Milano è avvenuta molto in fretta ma non avventatamente. L’idea che, avendo ormai una certa età, non avrei avuto tante occasioni di assistere ad un evento così importante per la chiesa e quindi anche per l’AC e la voglia di rappresentare le tante giovani roveredane che nel tempo si sono formate, proprio grazie al lavoro instancabile di quella “sorella maggiore”, son state le prime spinte. Lo starter però l’ho avuto quando mi è capitata tra le mani una tessera ingiallita del 1941 dell’allora beniamina Eleonora Barbarioli, tutt’ora in A.C.. Sono ancora ben visibili i caratteri rossi tra i quali spicca sul fronte il logo del Sacro Cuore, una fiamma e in calce la firma della presidente generale Armida Barelli, e sul retro lo slogan AMIAMO COME IL SACRO CUORE e il programma associativo.

Ho capito che non c’era niente di sdolcinato nella devozione al Sacro Cuore, tanto caro ad Armida, dato che il termine cuore nella Bibbia indica la sede della volontà, l’intelligenza affettiva. Lei amava ripetere: «niente è impossibile se lo vuole il Sacro Cuore».

Sapevo poco altro di Armida, perciò ho cercato di documentarmi. Ho trovato video, trasmissioni televisive, conferenze, libri a lei dedicati ma soprattutto sue pubblicazioni e tesori lasciati in eredità proprio alle giovani di A.C.. Mi ha affascinato la sua capacità di lasciarsi condurre su strade mai intraprese prima con la forza che traeva dalla fede, coltivata con la preghiera, fondata sulla parola, nutrita dall’eucaristia e con la conseguente dedizione al prossimo bisognoso. Il suo continuo sollecitare le donne ad impegnarsi non solo nella chiesa ma anche nella società le ha fatto attraversare l’Italia in lungo e in largo.

Tutto questo ho portato nel mio piccolo zaino e sono salita nel pullman assieme a Nicoletta, Fabiano e la nostra presidente diocesana Paola: ore 4. Strada facendo si sono aggiunti gli amici delle diocesi di Vittorio Veneto, Padova e Vicenza. Alle 9.30 siamo arrivati in piazza duomo: ho provato un grande stupore per quella costruzione che sembra l’opera di una merlettaia o di un artista del traforo! Foto di gruppo, controlli di routine e poi entriamo scortati dallo staff e accompagnati al nostro posto.

Subito ci accorgiamo che assieme ad Armida Barelli sarà beatificato anche Don Mario Ciceri, sacerdote. È già iniziata la preghiera di introduzione alla celebrazione eucaristica e approfitto per guardarmi intorno: mi sento piccola piccola. All’improvviso entrano solennemente il prefetto della congregazione delle cause dei santi, rappresentante di Papa Francesco che presiederà, l’arcivescovo metropolita di Milano, vescovi e presbiteri. Tutto è nuovo per me: dopo brevi cenni biografici dei due beati inizia la formula di beatificazione secondo un antico rituale. Il momento che più mi è rimasto impresso è stato lo svelamento delle due immagini che si è concluso con il battimani delle 1.800 persone presenti che, assieme alla Schola, cantavano «Iubilate Deo». Mi son sentita parte di un popolo in cammino verso il cielo e non c’erano più ostacoli tra i presenti e coloro che facevano già parte della schiera dei Santi, sembrava un fiume con il corso inverso, dal mare, dove mi trovavo io, alla sorgente: tutto questo era incanalato tra le due immagini dei nuovi beati. La celebrazione è proseguita con il rito ambrosiano a me sconosciuto fino ad allora. Al termine abbiamo incontrato don Fabrizio De Toni, assistente nazionale degli adulti AC e MLAC e prima nostro assistente diocesano, e Lisa Moni Bidin, già vice giovani della nostra diocesi e vice presidente nazionale del settore giovani ora trasferita a Roma.

Il rientro a casa, dopo il ristoro condiviso gioiosamente in un’area di sosta dell’autostrada, è stato più breve dell’andata. Il clima di amicizia, scandito da “Viva Armida”, non mi è sembrato assolutamente fuori dal tempo. Andare incontro alle giovani generazioni è sempre stata l’attività principale di entrambi i beati quindi che lo sia anche per noi.

Che cosa mi sono portata a casa? La passione e l’impegno nel cercare di comunicare a chi incontro la bellezza di sentirsi amati, soprattutto a chi è in difficoltà; il desiderio di esser sempre più unita al cuore di Gesù anche con le semplici parole della Sorella Maggiore: Sacro Cuore mi fido di te; la consapevolezza di fare parte della chiesa, fatta da donne e uomini, giusti o meno che si lasciano, però interpellare dallo Spirito Santo sotto la guida preziosa di Papa Francesco.

Ivana De Mattia

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