“Tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fraternità”, queste sono le parole con cui si apre la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). Libertà, dignità, diritti, ragione, coscienza, spirito di fraternità tutti termini che riteniamo importanti e sui quali concordiamo fino a quando non ci chiedono di impegnarci concretamente e in prima persona, fino a quando ciò che accade nel nostro quotidiano e nel nostro territorio non ci interroga e ci chiede di rispondere alla domanda: che cosa significa “agire in spirito di fraternità” qui ed ora? Questa domanda è risuonata nel nostro gruppo adulti di Azione Cattolica, quando abbiamo saputo che nel nostro comune (Cordenons ndr) sono ospitati 11 profughi.
Abbiamo provato a metterci nei loro panni, provando ad immaginare le loro storie, le motivazioni della loro scelta di scappare e lasciare il loro Paese, la loro vita, le loro famiglie; ci siamo chiesti: che cosa vorremmo noi se fossimo al loro posto? Sicuramente ci piacerebbe essere accolti come persone, perché al di là del termine “profugo” o “rifugiato” c’è una persona da accogliere, conoscere e scoprire. Agire in spirito di fraternità, allora, significa mettere in atto il comandamento del Signore “ama il prossimo tuo come te stesso”, perché il prossimo è come te stesso e questo porta a far cadere la barriera dell’estraneità e rende ragione di un’uguaglianza profonda che c’è tra tutti gli uomini per il semplice fatto che al di là delle diverse provenienze, culture e religioni, siamo fratelli e sorelle nella stessa umanità.
Così ci siamo attivati e insieme alla Caritas diocesana e alle Caritas parrocchiali abbiamo proposto due incontri: uno per capire che cosa sia e che cosa significhi lo status di profugo e rifugiato in Italia e l’altro per conoscere i “nostri” ospiti. Ma qual è il luogo per eccellenza dove si possono costruire relazioni? A tavola! E così dopo un attento studio della cucina mediorientale, domenica 4 gennaio ci siamo trasformati in cuochi provetti e abbiamo preparato il nostro primo pranzo afgano-pakistano condito da tantissime spezie e continue risate. Dopo le presentazioni, il rito del pranzo ha fatto la “magia” e ci siamo confrontati sul cibo, ma, soprattutto, abbiamo conosciuto un pò di più delle loro vite, di che cosa facevano quando erano a casa e li abbiamo sentiti, man mano, sempre meno “estranei” e sempre più persone da continuare a conoscere.
E poi naturalmente spazio ai giochi .. tutti accomunati da uno stesso desiderio di esprimersi e divertirsi insieme. Un frutto piccolo, ma significativo, della domenica passata insieme è un numero di telefono, che ci è stato lasciato con la richiesta e la speranza di poterci rivedere in altre occasioni, perché il muro dell’altro, del diverso è stato abbattuto e adesso siamo chiamati a continuare a far crescere questa rete di relazioni.
Silvia Bortolin