Il gruppo adulti di Azione Cattolica di Cordenons ha organizzato un rosario animato per pregare tutti insieme in occasione del 25 novembre in cui si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Abbiamo pensato di fare cosa gradita, condividere con tutta l’associazione, le meditazioni che abbiamo curato per questo rosario, così che gruppi o singole persone, se interessate, possano unirsi a questa preghiera, con i tempi e le modalità che riterranno più opportune.
…. In questa veglia vogliamo pregare per tutte le donne e le famiglie che vivono la piaga della violenza, vogliamo in particolare ricordare le violenze subite dalle donne iraniane, che si vedono negati i diritti fondamentali e insieme pregare per le violenze subite dalle donne che vivono nel nostro paese, violenze forse più subdole e nascoste ma altrettanto gravi e pericolose.
La violenza è violenza, non va subita, non va giustificata mai, ma va sempre denunciata.
La violenza non è legata ad una religione ma ai fondamentalismi che si celano ovunque, anche dentro i nostri cuori.
La nostra non vuole essere una preghiera che si sostituisca alla denuncia, al dire basta alla violenza, all’operare per sostenere le situazioni vicine e lontane di abusi, ma vuole essere una preghiera che oltre a tutto questo ci aiuti ad affidarci, a cercare ispirazione, sostegno, conversione, incoraggiamento, certi che solo il Padre opera attraverso le persone, circostanze, avvenimenti a volte a noi sconosciuti….
Abbiamo liberamente tratto le storie che andremo a leggere da vari libri, in particolare ricordiamo: Diari da carcere di Sepideh Gholian, Essere donna in Iran di Alessandra Farina, Sono ancora viva, storie di donne che hanno detto basta alla violenza di E, Guideri e C. Brilli.
Al termine del rosario abbiamo pensato di offrire una breve presentazione del centro antiviolenza di Pordenone, Voce donna, che opera nel nostro territorio.
Nel primo momento ascoltiamo un passaggio che racconta la vita delle donne dell’Iran
lettrice: Dal 1941, nel periodo di governo dello shah, il paese ha subito un’ondata di deislamizzazione, con l’imposizione di uno stile occidentale, nell’idea di poter modernizzare la società iraniana; in realtà questo processo è stato collegato dagli stessi mussulmani ad una idea di corruzione, per uno stile di vita legato, secondo molti, ad alcool, droga e donne. È all’interno di questo percorso distorto di modernizzazione è stato introdotto l’obbligo per le donne di abbandonare gli abiti tradizionali a favore di quelli occidentali.
Con la rivoluzione del ‘79 e la nascita della repubblica islamica si assiste ad un cambiamento in senso religioso, che si contrappone totalmente alla laicità dello stato. Sia durante il governo dello shah, sia durante il progressivo radicalizzarsi del fondamentalismo islamico, molte donne hanno continuato a lottare, spesso da “mussulmane praticanti” e come femministe per la rivendicazione dei diritti via via limitati.
Tra le tante ….la scrittrice Nahid Tavassoli, membro dell’associazione “madri x la pace” e “lega x le donne mussulmane”, prende posizione in particolare contro la poligamia: ricordando che non era nota agli arabi mussulmani ma che è stata appresa, quando questi sono arrivati a conquistare l’Iran e l’hanno assimilata dai Sasanidi, le popolazioni che prima abitavano le stesse regioni e che avevano i nei loro harem un numero incredibile di donne.
Sullo stesso tema si è spesa Faezeh Rafsanjani: “se un uomo nutre veri sentimenti, non ha bisogno di altre donne”, il perpetuare di tradizioni e superstizioni, legati all’islam mal interpretato, bloccano lo svilupparsi dell’identità femminile. Faezeh si attiva per favorire l’accesso delle donne nello sport, nel 1991 fonda la federazione dei paesi islamici e giunge ad organizzare delle speciali olimpiadi per sole donne che in questo modo iniziano a praticare sport, pur mantenendo gli abiti della tradizione e il loro haijab. Jamilieh Kadivar che inizia una carriera politica, lotta contro la lapidazione, prevista solo per le donne accusate di adulterio, lapidazione che però non è mai citata nel corano. Marayam, giovane femminista mussulmana è convinta che il Corano sia una religione bella quanto da interpretare correttamente e che i testi sunniti e sciiti, giustamente riletti, possono rivelare le posizioni giuste a favore delle donne. Marayam è stata arrestata insieme a molte altre donne per il suo attivismo, in seguito alla campagna del 2008 “un milione di firme” per chiedere la revisione delle leggi discriminatorie contro le donne.
In questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare di Mahsa Amini, brutalmente picchiata fino alla morte per aver indossato male lo haijab; Asra uccisa perché ha rifiutato di cantare l’inno all’Ayatollah Ali Khamenei; Sarina uccisa a manganellate per un video in cui denunciava la situazione disastrosa del paese e delle restrizioni subite. Insieme a questi nomi abbiamo visto il volto di molte donne e uomini che scendono in piazza gridando lo slogan “donna, vita e libertà”, non sono episodi isolati ma il frutto di un lungo percorso di rivendicazione dei diritti fondamentali.
Nel primo momento contempliamo la donna cananea e impariamo da lei che sa come chiedere con insistenza.
Lettore: Partito di là, Gesù si ritirò nelle parti di Tiro e di Sidone. Quand'ecco, una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: “Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide! Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio”. Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli, accostatisi, lo pregavano dicendo: “Mandala via, perché ci grida dietro”. Ma egli rispose: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele”. Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: “Signore, aiutami!”. Egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini”. Ma ella disse: “Dici bene, Signore; eppure anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Allora Gesù le disse: “O donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come vuoi”. E da quel momento sua figlia fu guarita.
Lettrice: Vogliamo pregare per tutte le donne che hanno trovato il coraggio di dire basta e la forza di ribellarsi a chi vuole negare loro dignità, libertà, possibilità di vivere e realizzarsi nel loro paese. Donne che si uniscono ad altre donne per gridare a volto scoperto, rivendicando i loro diritti, donne che continuano a pagare con la prigione e anche con la vita per la rivendicazione di quei diritti inalienabile che dovrebbero essere riconosciuti ad ogni persona, senza distinzione alcuna
Nel secondo momento ascoltiamo un frammento della vita di Sepideh Gholian.
Lettrice: Sepideh è una giovane giornalista iraniana, impegnata x la difesa dei diritti umani. Condannata in prima istanza a 18 anni di carcere, solo per aver pubblicato un reportage giornalistico sulla protesta dei lavoratori di un zuccherificio. Da carcerata si fa portavoce delle sue compagne di prigionia, di cui raccoglie varie testimonianze e grazie al patrocinio di Amnesty International, riesce a far stampare “ Diari dal carcere”, libro fatto di parole e disegni, una testimonianza straziante di come la libertà di pensiero viene ancora punita con la carcerazione e la tortura. Un carcere, quello di Sepidar che è luogo dove pressioni e manipolazioni psicologiche, abusi e umiliazioni sessuali, si consumano quotidianamente ai danni del corpo femminile.
“Ci picchiano da mezzogiorno alla 10 di sera, temo che non resterò in vita. Dire che sono terrorizzata non basta ad esprimere ciò che provo. Resto completamente muta, persino quando mi picchiano, non riesco neppure a gemere, scendo dalla macchina e mi accusano di averla insudiciata con il mio sangue, sono bendata e non posso vedere bene dove vado. Sto tremando e imploro che mi lascino vedere una guardia donna, ma in risposta mi urlano: “una donna perché, qui dentro ci muori”. Mi ispezionano. Sono completamente nuda e la guardia di turno, con la scusa che sono appena stata trasferita in prigione dopo 2 mesi in cella di isolamento e c’è il rischio che abbia su di me sostanze narcotiche, non smette di toccarmi. La signora Naderi, la responsabile della sicurezza, mi manda alla clinica per fare il test della verginità. Qualunque resistenza sarebbe inutile: sono esausta, impotente e disarmata nella prigione. Dico di non essere nelle giuste condizioni igieniche, mi vergogno ma mi urlano di non fare tante moine. Allora mi faccio piccola piccola e, ancora scalza, corro verso il corridoio ed entro nella sezione femminile.
Nel secondo momento contempliamo la vedova del vangelo che ci insegna a condividere con gli altri ciò che siamo e abbiamo
Lettore: Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»
Lettrice: Vogliamo pregare per tutte le donne che vivono in Iran, donne che sanno portare avanti fino in fondo il lavoro che hanno scelto, lavoro che da dignità a se stesse e nel contempo lotta per garantirla agli altri, donne come Sepideh che, ovunque si trovano, cercano di dare voce a chi voce non ha, pagando di persona un prezzo altissimo.
Nel terzo momento ascoltiamo la voce di Greta
Lettrice: …è stato il mio primo amore, l’ho conosciuto che avevo 14 anni e lui 17… poi lui è partito per il militare e io ho proseguito i miei studi perdendoci di vista. A 20 anni sono andata a cercarlo e ci siamo rimessi assieme.
Ho vissuto con lui 23 anni per testardaggine: ero convinta che con lui avrei scritto la mia favola, che avrei creato un nido felice per i nostri quattro figli.
La favola è finita presto ed è venuta fuori la realtà.
Le prime violenze risalgono a dopo la nascita della nostra prima figlia: io cercavo di essere pratica, di sollevarlo in tutto…e lui invece si arrabbiava perchè si sentiva denigrato nel ruolo di padre. E’ sempre stato un immaturo, scaricando su di me le sue responsabilità.
Quando mi picchiava dovevo stare ferma, guardarlo negli occhi e non battere ciglio e spesso lo faceva davanti ai nostri figli.
Non parliamo poi di tutte le brutte cose che mi diceva: mi faceva sentire sporca e brutta. Per anni ho cercato di imbruttirmi - non mi truccavo, non andavo dal parrucchiere - pensavo che se mi vedeva trasandata, mi avrebbe lasciato in pace.
L’ho sempre giustificato, perchè abusava di alcool ed è per questo che l’ho perdonato molte volte e sono rimasta con lui tutto questo tempo: mi chiedeva scusa, diceva che non sarebbe successo più, che senza di me non poteva stare, che ero la persona più importante della sua vita e giustificava i suoi gesti dicendo che non ne aveva memoria, che era sotto l’effetto dell’alcool.
….ma quel giorno, rientrata dalla spesa, ha cominciato ad aggredirmi con le parole e con le mani; è intervenuto nostro figlio più grande per dividerci - capitava spesso che i bambini fossero presenti durante le violenze e che il padre ubriaco picchiasse anche loro - lo ha preso per il collo, lo ha attacco al muro e lo ha sollevato. E’ stato in quel momento che mi sono svegliata: nell’attimo in cui mi sono resa conto che lui stava usando violenza su nostro figlio da sobrio.
Ho preso i bambini, siamo usciti di casa e non siamo più tornati.
Nel tempo passato assieme, ha fatto un lavoro così fino di disprezzo, odio, mi ha scaricato addosso tante delle sue paure che ora, anche se il peggio è passato, è come se le avessi ancora dentro di me.
Nel terzo momento contempliamo l’ Emorroissa e impariamo da lei che dopo anni di sopportazione e di ricerca infruttuosa di aiuto, trova il coraggio di fare una scelta diversa, di cercare la salvezza nella ricerca del Maestro
Lettore: E Gesù, alzatosi, lo seguiva con i suoi discepoli. Ed ecco una donna, malata di un flusso di sangue da dodici anni, accostatasi da dietro, gli toccò il lembo della veste, perché diceva fra sé: “Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita”. E Gesù, voltatosi e vedutala, disse: “Sta' di buon animo, figliola; la tua fede ti ha guarita”. E da quell'ora la donna fu guarita.
Lettrice: Preghiamo per tutte le donne che trovano il coraggio e la forza di dire basta, di denunciare, di chiedere aiuto, perché sappiano ricostruire la loro vita e quella dei loro figli, anche se provate da anni di sofferenze e abusi.
Preghiamo per i figli che subiscono violenza e che rischiano di conoscere solo queste risposte patologiche, di fronte ai conflitti e alla difficoltà della vita, riproducendo a loro volta, relazioni malate: preghiamo perché possano sperimentare dei legami buoni, un amore sano, capace di disinnescare questi meccanismi violenti.
Nel quarto momento ascoltiamo la voce di Francesca
Lettrice: Avevo bisogno di qualcuno che si prendesse cura di me e lui, nei primi due anni, si dimostrò serio, dolce, premuroso. Era un militare e pensavo che mi avrebbe sempre protetta, perchè quello era il suo ruolo e il suo dovere sociale.
Se fossi stata più forte, non avrei accettato alcuni suoi atteggiamenti. Fin dall’inizio della nostra storia, non avevamo rapporti di amicizia e di frequentazione con nessuno… eravamo sempre solo io e lui; non potevo neppure vedere i miei amici, perchè si ingelosiva e si finiva sempre con il litigare. Pensavo stupidamente che era geloso perchè mi amava.
Ci sposammo e già il viaggio di nozze fu un inferno: mi accusava che volevo farmi guardare e che facevo la scema con gli animatori del villaggio.
Alternava momenti di dolcezza a momenti di ingiurie inaudite ed immotivate. In pubblico si presentava come l’uomo perfetto ed il miglior marito, ma senza farsi vedere, sottovoce, mi insultava.
Le violenze fisiche iniziarono quando, incinta al 3° mese, espressi il desiderio di comperare il fasciatoio per il bambino, da mettere nella camera degli ospiti che utilizzavano i suoi genitori quando venivano a trovarci. Lui pensò che non volessi più in casa i miei suoceri. Cominciò ad insultarmi e a spintonarmi. Da quel giorno, quando si arrabbiava, oltre alle offese verbali, mi metteva le mani al collo, mi tirava i capelli, mi dava botte in testa.
Le cose peggiorarono ulteriormente quando per motivi di lavoro ci trasferimmo. Gli episodi di violenza avvenivano dove capitava e nei modi più disparati: mi strozzava fino allo sfinimento, mi girava il polso, mi sollevava da terra. Minacciava di uccidermi, di rinchiudermi in un reparto psichiatrico e di togliermi mio figlio. Tutto questo perchè avevo cominciato a prendere in mano la mia vita, riprendendo gli studi interrotti e trovando un lavoro. Sentiva che gli stavo sfuggendo. Le violenze aumentarono e mi minacciò che se lo avessi lasciato mi avrebbe uccisa.
Mi feci coraggio e mi confidai con una zia che lo contattò: negò tutto dicendo che l’esaurita ero io e che stavo impazzendo. Non sono stata compresa da nessuno, neppure dai miei genitori, convinti che avessimo solo dei problemi di coppia.
Quel giorno sono rientrata dal lavoro: mi ha aggredita davanti a nostro figlio, rimasto a casa perchè malato. Dentro di me ho pensato “Basta, nostro figlio non si merita di assistere a queste scene, nè di vivere una vita come questa, torno dai miei anche se contrari a separazione e divorzio. Se capiscono bene, altrimenti mi arrangerò, ma io qui non ci sto più.” Sono andata al pronto soccorso, a sporgere denuncia e poi insieme a mio figlio siamo andati via.
Oggi siamo separati ma con l’affidamento condiviso, non esclusivo a mio favore, perchè il pm ha chiesto l’archiviazione del caso. A livello giuridico non sono stata molto fortunata: nel mio percorso di denuncia ho sperimentato molto maschilismo… ma non mi arrendo: chiedo giustizia, non per vendetta ma per tutelare mio figlio da un padre capace di annientarlo psicologicamente, come ha tentato di fare con me.
Nel quarto momento contempliamo la donna curva del vangelo e impariamo da lei che, dopo tanti momenti i di sofferenza e di chiusura in sè stessa, ha saputo alzare la testa e afferrare la mano che le è stata tesa
Lettore: Gesù stava insegnando in una delle sinagoghe in giorno di sabato. Ed ecco una donna che da diciotto anni aveva uno spirito d'infermità, era tutta curvata e incapace di raddrizzarsi in alcun modo. E Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: “Donna, tu sei liberata dalla tua infermità”. Pose le mani su lei e in quell'istante fu raddrizzata e glorificava Dio.
Lettrice: Preghiamo per tutte le donne che si sono rialzate, dopo aver sperimentato violenze fisiche e psicologiche, dopo aver compreso i propri errori, perché possano ricostruirsi una vita dignitosa, capaci di fidarsi di nuovo delle persone, capaci di trovare la gioia di vivere.
Preghiamo per i genitori di queste donne, per gli amici, i conoscenti perché siano attenti ai segni che possono far intuire violenze celate, perché siano sempre disponibili a tendere una mano e imparino ad ascoltare il dolore di chi ha subito o subisce violenza, facendosi vicini nell’ascolto non giudicante e nella concretezza della quotidianità.
Preghiamo per tutte le persone conniventi a questi reati, perché riconoscano la loro parte di responsabilità nella violenza e sappiano mettersi a confronto con le vittime per comprenderne il dolore e provare a farsi perdonare.
Nel quinto momento ascoltiamo la voce di Rosina.
Lettrice: Io ero una donna sposata, con 3 figli. Il rapporto con mio marito però è sempre stato frustrante per me. Mi sentivo trascurata; venivo denigrata per ogni minima cosa che facevo o dicevo, ogni mia osservazione o esigenza non era presa in considerazione. Al lavoro conobbi invece un medico che mi faceva sentire donna, che apprezzava la mia bellezza, mi dava attenzioni e lo faceva con delicatezza, eleganza, tutti modi a cui non ero abituata. Iniziammo a mandarci messaggi e poi piano piano ci innamorammo.
Rosina non ha mai vissuto una intimità così bella, piena, ma lentamente lui inizia a chiedere sempre di più, a partire dallo scatto di foto intime, che lui assicura di tenere solo per sè; dopo il primo periodo, questo uomo inizia a dimostrare di essere sempre più possessivo e aggressivo, ricattandola con le foto e così Rosina continua ad acconsentire a qualsiasi richiesta; cerca poi un aiuto, denunciando tutto ai carabinieri ma questo non risolve le violenze, minacce e paura. Quando stanca ed esasperata non ce la fa più, dice all’uomo di fare quello che vuole ma lei non tornerà più insieme a lui.. Ma così lui si vendica, tappezzando tutto l’ospedale con le sue foto. Lo scandalo la rovina, il marito e i figli la allontanano in malo modo, senza poter prendere nulla con se, solo la figlia più piccola resta con lei ed è così che Rosina scappa, prima da una zia e poi al nord, in un centro antiviolenza che la aiuterà nel suo lento e difficilissimo percorso di rinascita, fatto di sostegno affettivo, economico e legale, colloqui individuali e gruppo di autoaiuto.
Rosina termina il suo racconto con queste parole “continuo ad avere la sensazione di essere seguita.. sono una donna fragile, debole, bisognosa di affetto, ma mi hanno detto di stare attenta nelle future relazioni, non mi devo aggrappare subito ad un complimento, ad un “ti amo”. Ti trovi sola ad affrontare cose più grandi di te. Attacchi di panico, ansia, il non dormire la notte. Sono morta con la perdita dei miei figli, che hanno sofferto sia nel vedere i genitori che non avevano alcun rapporto affettivo, sia quando lo scandalo è scoppiato, ma anche io ho subito violenza, non solo da quell’uomo, ma anche da mio marito, che ha cercato tutti i modi per farmela pagare. Ciò che mi ha veramente aiutata è stata la fede, quando pregavo intensamente e chiedevo aiuto al Signore, mi sentivo rincuorata e avvertivo sostegno e supporto.
Nel quinto momento contempliamo la adultera del vangelo, impariamo da lei che sa guardare con franchezza alla propria vita, non la rinnega ma trova il coraggio di ripartire e impariamo da Gesù a guardare con occhi misericordiosi e a non condannare il fratello.
Lettore: Gesù andò al monte degli Ulivi. Sul far del giorno tornò nel tempio, tutto il popolo venne a lui ed egli, sedutosi, li istruiva. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna còlta in adulterio e, fattala stare in mezzo, gli dissero: “Maestro, questa donna è stata còlta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa; tu che ne dici?”. Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzatosi, disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e, accusati dalla loro coscienza, uscirono uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. Gesù, alzatosi, e non vedendo altri che la donna, le disse: “Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?”. Ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neppure io ti condanno; va' e non peccare più”.
Lettrice: preghiamo per tutte le vittime che nonostante le loro fragilità hanno saputo reagire, anche lasciando i loro paesi, per ricominciare una nuova vita.
Preghiamo per tutte quelle che la vita l’hanno persa e per quelle che continuano a subire senza riuscire a dire basta, umiliate, isolate, indebolite, colpevolizzate.
Preghiamo per tutte le persone che si adoperano per sostenere le donne in difficoltà e per tutte le donne che prestano il loro servizio nei centri antiviolenza, perché non si facciano intimorire dalle storie che incontrano, ma rimangano un porto sicuro cui rivolgersi e siano sempre supporto alla comunità civile e religiosa nel loro operato.
Preghiamo per tutti gli uomini violenti, perché possano pagare per i reati commessi e insieme si rendano disponibili ad intraprendere percorsi di terapia e conversione.
Presentazione del centro antiviolenza “Voce donna”