Si è svolta giovedì 28 e venerdì 29 dicembre 2017 presso la Casa Francescana di Betania - San Quirino (PN) la prima edizione della "Due giorni con la Parola". L'incontro, aperto a giovani, adulti e famiglie, era fondamentalmente un incontro di preghiera con il metodo della lectio (lectio, meditatio, contemplatio, oratio, collactio) sul brano del Qoelet 3,1-8. Venticinque i partecipanti compresi 8 bambini/ragazzi che aiutati da due animatrici hanno effettuato un percorso a parte.

È ormai trascorso il tempo della corsa all’ultimo regalo, dei baci fugaci, degli auguri fatti in fretta passando da una casa all’altra. E noi, partecipanti al Campo Biblico a Cimolais promosso dall’Azione Cattolica nel mese di agosto, abbiam deciso di prenderci un tempo per dimorar con Dio e la sua Parola, lontano dalla frenesia delle feste natalizie, presso la Casa Francescana di Betania (PN).

Una questione affascinante quella del tempo, sulla quale, da sempre, si son interrogati sia gli antichi Greci e Romani, sia i Padri della Chiesa. Alquanto misteriose son infatti le parole di Sant’Agostino nelle Confessioni: “Cos'è dunque il tempo? Se nessuno m'interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente”. Così, per cercar di gettar luce su uno dei più grandi enigmi ch’ accompagnano la vita dell’uomo, siam entrati in punta di piedi, in Israele, terra d’un popolo, figlio d’un’ Alleanza antica, che trova nell’ascolto dell’unico Signore le sue più profonde radici (cfr. Dt 6;4). Una nazion di profeti e di saggi ch’ogni giorno si lascia sorprendere dal Dator d’ogni dono ed insegna soltanto ciò che ha visto ed imparato, nella perfetta coscienza che l’umano ingegno, pur conoscendo i segreti per raffinar l’oro, estrar l’argento, fonder la roccia, scavar gallerie, sconvolger i monti fin dalle radici, scandagliar il fondo dei fiumi e portar alla luce ciò che vi è di nascosto, ignora dove   la Sapienza si trovi (cfr. Gb, 28). Tra loro c’è Qoelet, autore dell’omonimo testo biblico scritto nel III secolo a. C. in ambiente ellenistico. Non si sa con precision chi sia colui ch’all’inizio dell’opera si presenta come “figlio di Davide, re di Gerusalemme” (cfr. Qo 1;1). Potrebbe esser Salomone, il sovrano assennato per eccellenza, che chiede al “Dio dei padri e Signore di misericordia”, la capacità di giudicare con giustizia la sua gente per divenir degno del trono di suo padre (cfr. Sap 9; 12), o, ancora, un rabbino della Città Santa. Certo è, che l’etimologia del suo nome rimanda al termine ebraico “kal”, ovvero, “assemblea” tradotto più tardi in greco con ecclesia da cui deriva il secondo titolo con il quale è conosciuto il libro in questione, ossia “Ecclesiaste.” Profondamente vero ed attuale è il suo messaggio che esorta ognuno di noi ad esser pienamente presente a se stesso, dedicandosi con passione alle occupazioni della propria esistenza, orientando a Dio ogni sforzo, senza  rimaner fermo in posizioni spesso estreme, o ancorarsi troppo saldamente ai beni terreni, poichè solo il Fattor della Creazione può assicurarci una felicità reale e concreta anche se passeggera e momentanea, dandoci altresì la possibilità di goderne profondamente e totalmente. È Lui, a stabilir l’ordine del creato, rendendo sacra la vita dal suo inizio alla sua fine ed è sempre Lui che dona all’uomo il giusto tempo per costruir nuovi rapporti e ricucir quelli strappati dalle ferite dell’incomprensione, nell’assoluto rispetto di quell’amore limpido e maturo che sa comprender cosa conservare e che cosa buttar via, quand’è ora di parlare e quando, invece, è opportuno tacere. Ma ci vuol davvero molta pazienza per metter a tacere le mille voci del mondo e, nel silenzio della preghiera, porger l’orecchio alla sola e delicata voce di Dio ch’a poco a poco suggerisce ch’un cuore provato dalla sofferenza è forse più pronto ad accoglier la gioia. Un’occasion preziosa, la nostra, per camminare lentamente apprezzando ogni passo e confidando sogni, progetti e speranze a chi ci sta accanto. Un’imperdibile opportunità per star con i bambini che nulla san pianificare, ma tutto, nel gioco, san gustare.  Un’ assai favorevole circostanza per conoscer una comunità di fratelli e sorelle chierici e laici, veri e propri artisti delle relazioni e della buona cucina, i quali ben sanno ch’ il Nostro Salvatore le cose più importanti le ha fatte a tavola… Due giorni di pura grazia, quelli del 28 e 29 dicembre 2017,  per capir quale tempo della nostra vita stiamo vivendo e condivider tra noi i frutti della meditazione, sempre sospesi tra l’esultanza e le lacrime… Buon anno, dunque, cari lettori, con la speranza certa ch’il nostro Redentore dà a ciascuno il momento per far con dovizia ciò che, nella vita, val la pena compiere!

Elena Toffoletto

 

 

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