Domenica 02 febbraio 2025 per la presidenza diocesana è continuato il percorso sul disarmo del cuore iniziato la domenica prima 26 gennaio al convegno pace.
Il titolo del Consiglio del Triveneto infatti, era “Se vuoi la pace, prepara la pace”.
Durante il convegno il nostro presidente nazionale Giuseppe Notarstefano ha ribadito quanto non dobbiamo abituarci alla guerra, e che la pace non significa comodità, non è confort zone, stare a casa sul divano, ma è qualcosa che ci scomoda, che richiede il coraggio di rendere presente la speranza.
Durante la giornata siamo stati accompagnati dall’associazione Rondine Cittadella della Pace. Rondine Cittadella della Pace è un’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto. L’obiettivo è contribuire a un pianeta privo di scontri armati, in cui ogni persona abbia gli strumenti per gestire creativamente i conflitti, in modo positivo. Rondine nasce in un borgo medievale toscano a pochi chilometri da Arezzo, in Italia: qui si strutturano i principali progetti di Rondine per l’educazione e la formazione. Un luogo di rigenerazione dell’uomo, perché diventi leader di se stesso e della propria comunità nella ricerca del bene comune. Il progetto che dà origine e ispirazione a Rondine è lo Studentato Internazionale – World House, che accoglie giovani provenienti da Paesi teatro di conflitti armati o post-conflitti e li aiuta a scoprire la persona nel proprio nemico, attraverso il lavoro difficile e sorprendente della convivenza quotidiana. Abbiamo assistito alla spiegazione del metodo, che si basa su 3 pilastri: il nemico, il conflitto e la relazione. È fondamentale infatti:
- capire come ci si costruisce un nemico e come è possibile de-costruirlo, questo prevede un grande lavoro su se stessi, perché c’è sempre un motivo personale che lascia spazio all’odio dentro di noi, spesso proiettiamo paure e colpe nell’altro che in realtà sono nostre.
- prendere consapevolezza che il conflitto non è solo guerra, e soprattutto non è qualcosa di negativo, anzi è normale perché significa incontro con tra differenze, ed è in questo incontro che si genera qualcosa di nuovo che può essere un’opportunità o un rischio. Il conflitto non si risolve, vorrebbe dire eliminare le diversità, ma è possibile trasformarlo.
- riconoscere la relazione come l’altra faccia della medaglia del conflitto e dedicare tempo alla cura e alla manutenzione delle relazioni.
Abbiamo ascoltato la Testimonianza di una ragazza Ucraina, che ci ha raccontato della sua esperienza a Rondine e di come il percorso l’ha cambiata e successivamente abbiamo lavorato in gruppi su delle storie vere di Rondine analizzandone i passaggi e le emozioni.
Dopo una conviviale pausa pranzo, ci siamo addentrati maggiormente nel metodo e ci siamo interrogati su come nel nostro piccolo possiamo essere seminatori di pace, trasformatori del conflitto. Ci hanno fatto partire da alcune domande personali: io come posso disarmarmi? Cosa di ciò che sono, faccio, ho, utilizzo come arma per ferire o prevaricare sull’altro? Come la uso e come posso smettere di utilizzarla? E abbiamo condiviso a coppie. Infine ci siamo suddivisi in gruppi per pensare a quale passo possibile e concreto possiamo fare nella nostra vita e nella nostra associazione, infatti non possiamo pretendere di cambiare o di controllare il gioco dell’altro, ma posso decidere come rispondere.
Lucrezia